Sono qui seduta a bordo tappeto, le braccia appoggiate sulle ginocchia, il capo tra le mani, il sudore scende dalla fronte e percorre tutto il viso, e, il cuore lentamente torna alla normalità. Mi guardo intorno, non c’è più alcuno di loro, sono scesi tutti dalla materassina, quello che mi ricorda cosa è stato e, che adesso non mi fa sentire sola, è l’odore che impregna l’ambiente. Sono orgogliosa di pensare all’odore, già, qui non c’è puzza.

Il judoka non sente puzza, il judoka sente odore, sente umano, sente l’altro. Quanto in tanti si lotta in tanti si cade in tanti si fa esercizio non si può che parlare di odore, odore di forza, odore di stanchezza, odore di sfida, odore velocità, odore di amicizia, già… perché quando facciamo tutto questo siamo anche amici nel farlo. Questo è quello che sento … anche adesso che nessuno c’è più, anche adesso che la materassina tace.

Percorro tutta la materassina con lo sguardo, ci sono pezzi di nastro agli angoli, il nastro che avvolge dita, mani, il nastro che ricorda al judoka il tempo che è passato e che passa nelle sue mani. Quelle mani chiamate a tirare a spingere a stringere, le mani che spesso non si sentono nemmeno più tanto sono intorpidite, le mani che non ci tradiscono, che ci aiutano e sorreggono fino alla fine.

Vedo ancora i visi di tutti. C’è chi sorride, c’è chi è contrariato, c’è chi è concentrato. Ognuno nel suo momento ognuno nei suoi pensieri. Vedo visi affaticati, visi soddisfatti, visi delusi. Tutto questo è judo tutto questo è indossare il judogi.

Non c’è nessuno sulla materassina, ma le voci di ognuno non si sono spente, come se tutti ancora si muovessero, sento ancora il suono dei piedi che veloci si muovono, strisciano, sento il suono dei corpi che cadono. Parole come: “sono esausto … così va bene … no, ho sbagliato …  riprovo …. sono troppo stanca.. che dolore… ” si confondono con il ricordo del suono dei corpi.

E poi c’è lui, quel suono che ogni judoka vuole raggiungere, quel suono che ogni judoka fa proprio, a cui ogni judoka chiede forza, sostegno: Il Kiai. Risuona ancora nel silenzio di questo momento quel grido che alcuni emettono perché talmente è tanta la stanchezza o lo sforzo che l’addome, il diaframma parla per loro. O quel grido di altri di veste più emotiva, più psicologica, che esce quando ci si sente persi, quando si sente che nulla si ha più da dare…che dice: ”l’ultimo sforzo ed è fatta,  non mollare ce la fai”. Tutto questo è amare il judo, tutto questo è vivere il judo.

E poi sento e vedo me stessa, proprio lì, in mezzo a tutti gli altri. Vedo i miei pensieri, vedo i miei sorrisi, vedo la mia fatica. Sento il mio corpo, sento che vuole rispondere alla mie richieste, sento che ha capito che la fatica è tanta, altrettanto capisce che è più forte la voglia di arrivare in fondo. Altrettanta è la voglia di sentire il sudore scorrere.

Tutto questo vedo, tutto questo sento quando non c’è più nessuno. Penso che nella tua mente, di te che pratichi, nel tuo corpo, nel tuo essere ed esserci, c’è il judo. Non ti interessa quanto ti costa farlo, non ti importa dove arriverai o dove non arriverai. Quello che vuoi, è solo questo, che quando cala il silenzio quando più nessuno si muove sulla materassina … il judo sia ancora con te!”.Tutto questo è vivere il judo.

Dedicato a tutti quelli che, come me, terminato un allenamento, una gara o una lezione, sentono quanto il judo renda reale quello che non si vede e non si sente.
Dr.ssa Loredana Borgogno 

 

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Dimmi, ti ascolto, mentre tu cammini verso il tuo cambiamento... Psicologa, dopo un passato di atleta di livello mondiale, ho sentito che era giunto il momento di dedicare le mie energie, la mia passione, a chi vuole cambiare, a chi sente di voler superare l' "avversario" nascosto che oggi non gli consente di andare verso il suo traguardo.