V.: “sono così demoralizzata dottoressa, non so più cosa fare … più faccio più sto male …”.
“Comprendo V. lei mi sta dicendo che […] Allora proviamo a pensare proprio a ieri…quando ha tempestato.
Quando arriva la tempesta (situazione, evento), lei può scegliere di scappare. Mi sembra che questo non sia il suo caso.
Può scegliere di camminare lentamente riparandosi con un ombrello o sotto un balcone. Accade che, qualche chicco buchi l’ombrello oramai indebolito dalla continua tempesta e, la colpisca ferendola ancora. Accade che se tempesta di traverso, altrettanto altri chicchi possono colpirla. Lei forse, si trova in questa condizione da quanto mi racconta. Con tenacia continua a camminare contrastando con forza gli eventi […]”.
V:. “In effetti mi calza, mi sento così …poco protetta e vulnerabile”.
“La stanchezza fisica e la stanchezza mentale tolgono lucidità. Proviamo a pensare a un’altra scelta. Può decidere di cercare riparo in un bar, sedersi, prendere un tè caldo e attendere. Cosa ne dice?”.
V:. ” non me lo posso permettere il tempo passa e non posso […]”.
“Ha ragione il tempo nessuno di noi lo può fermare, se però mentre si riposa, riprende forza al caldo e al riparo, lei prendesse carta e penna e progettasse cosa fare domani con lucidità? Aspettando che la tempesta si calmi e sia meno forte? Cosa ne pensa?”.
V:. “In effetti è una scelta che non ho fatto perché non pensavo ad altro che ad andare avanti perché ce la devo fare. Se riprendo forza mi riposo e rifletto … magari mi viene qualche idea nuova”.
“Mi sembra una prova fattibile per lei V. Bene prendiamo carta e penna?”.
A volte le soluzioni sono più semplici di quanto non sembri. Attendere può non essere un errore. Contestualizzate la scelta in ogni situazione, non generalizzate reazione/azione.