Sono piccola. La mia amichetta mi fa uno sgambetto.
Un attimo e sento un forte dolore al viso. Non capsico bene cosa sia successo, so che piango e che sanguino. Il mio viso è ferito, e io sento dolore tanto dolore.
Sono una bambina che piange, tanto dolore. Mi spavento nel vedere il mio viso ferito, quasi deformato, ma ciò che più mi spaventa è il dolore che non passa. Quel dolore che avvolge una parte del mio corpo, il viso.
Sono piccola, non so andare oltre a quel dolore fisico, non conosco bene come sentire altro dolore, quello di cuore, quello della bambina a cui hanno fatto lo sgambetto. Sentire il dolore di un tradimento, il dolore e la rabbia che io bambina provo per il gesto fatto dalla mia amichetta.
Oggi passati più interventi e guarite le cicatrici interne, sento il ricordo di quel giorno e lo temo perchè non arriva alla mente il ricordo del dolore fisico, arriva il dolore del cuore. L’amichetta che mi voleva bene: cosa mi ha fatto?
Sono grande. Una cicatrice sulla mia spalla, tutto in pochi attimi.
Una finale importante, una caduta “sciocca”, un dolore acuto, una resa. Una parte del corpo soffre, la mia pancia si arrabbia, la mia mente cerca un perché?
Sono concentrata sulla ferita esterna, così brutta da vedere e che così tanto mi procura pianto: “Cosa mi avete combinato?”. Questa la mia prima espressione alla vista del taglio.
Mi accorgo però che qualcosa è cambiato. Ho la sensazione di andare un po’ oltre al dolore fisico, ma non ancora così tanto da riuscire a comprendere con esattezza quale altro dolore da sentire ci sia.
Oggi guardo la ferita, quasi impercettibile alla vista. C’è il ricordo e ancora lo temo, non sento il ricordo del dolore nel corpo, sento il dolore che era del cuore, il dolore di sentirmi battuta, sconfitta.
Adulta. E’ il momento di un importante addio. Non è il primo nella mia vita ma, nessun addio può mai prepararci ad altri. L’addio più grande che come figlia sia chiamata a provare. Mi guardo, osservo bene il mio viso allo specchio, percepisco che sento di più. Sento il dolore del cuore potente come potente il dolore del corpo, stanco, provato, senza forze.
Tempo è passato. Il ricordo c’è, ci sarà. Sento meno timore a rivolgermi ad esso. Ho accettato il dolore nella sua totalità. Posso ricordare senza “sentire” il dolore del cuore senza sentire debolezza. Ricordo il ricordo.
Non c’è dolore del corpo che si distacchi dal dolore del cuore. Non c’è il dolore di una ferita sul corpo che si distacchi dal dolore di una ferita interna. C’è il dolore, in ogni sua forma intensità presenza.
Da piccola potevo solo sentire il dolore al viso e non il dolore di un cuore tradito. Ero capace di sentire il dolore di un taglio e non il dolore di una sconfitta. Nel tempo ho imparato ad ascoltare in un addio, il dolore del cuore e il dolore nel corpo.
Il dolore è dolore tutt’uno. Il dolore fisico non esclude un dolore di cuore, il dolore di cuore non esclude un dolore fisico.
Ho imparato nel tempo che per non sentire domani il dolore in un ricordo è necessario oggi, nel momento dell’evento, accogliere il dolore in tutte le sue presenze. Ho imparato ad ascoltare e a riconoscere tutto il dolore.
Laddove si accoglie il dolore in tutte le sue forme, può essere meno difficile disegnare un ricordo. E’ possibile che nel tempo si possa vivere il ricordo dell’evento sentendo meno il dolore legato all’evento.
Non abbiamo paura di ricordare l’evento, quello che accade è che si teme di ricordare il dolore.
Pensare che una ferita sulla pelle non apra una ferita interna o che una ferita interna non apra ferite esterne è piuttosto riduttivo. Pensare che un dolore fisico non sia anche la voce di un dolore di cuore e che un dolore di anima, di cuore non sia anche la voce di un dolore del corpo è come pensare che il corpo possa vivere senza il cuore.
Impossibile sono tutt’uno. Sentiamo il corpo se c’è il cuore e sentiamo il cuore se c’è il corpo.
Un bimbo che cade e si ferisce non prova solo dolore fisico, un adulto che piange un lutto non prova solo dolore di cuore.
Comprendere questo aiuta a costruire ricordi dai quali non scappare, aiuta a non costruire ricordi che fanno paura.