La parola fallimento potrebbe far pensare ed imporsi come un qualcosa che macchia la nostra vita che toglie forma al nostro disegno. Veniamo al mondo e immediatamente ci troviamo coinvolti in infiniti incontri e relazioni. Noi siamo il risultato di relazioni e incontri, ogni incontro che facciamo è come un mattoncino che costruisce la nostra vita.

Andando in ordine dopo la famiglia, è la scuola un luogo di importanti incontri, incontri tra generazioni, incontri con Istituzioni, con regole. Incontri buoni lasciano su di noi un segno buono incontri cattivi lasciano in noi un amaro, una sensazione di incompletezza, di “fallimento”.

Il buon incontro allarga le dimensioni del nostro orizzonte, vediamo cose che sino ad allora non coglievamo, ci sentiamo pervasi di amore, nulla è come prima. Incontri cattivi tolgono respiro, ci soffocano, ci allontanano dalla realtà, ci portano nell’ombra.

L’incontro che sia con il maestro, sia con l’insegnate, sia con l’amico, è un incontro che lascia il segno, lascia insegnamento, lascia qualcosa di indimenticabile, dà forma alla nostra vita e ci forma.

Noi sappiamo, siamo in grado di capire subito che tipo di segno lascia un incontro, il segno non ha forma, non ha colore, tuttavia è il nostro corpo a parlare dello stesso facendoci sentire come stiamo, portandoci ad ascoltare il dolore dell’anima o sentire la gioia del cuore. È come una voce che non esce semplicemente dal corpo, è la voce che ha un corpo.

Perché dunque parlare di fallimento come qualcosa che noi non siamo capaci di fare, di superare e non parlarne di fallimento come un semplice segno dato da un incontro cattivo, che accogliamo, che accettiamo, e che lasciamo andare. inoltre perché dirci: fallimento e non dirci: “non positivo“, stesso senso ma di ben diversa potenza in noi.

Tutti noi siamo destinati ad essere colpiti da segni buoni o segni cattivi e, tutti noi abbiamo la possibilità di decidere se dar più potenza ad un segno negativo che non ad uno positivo, se farne esperienza o se tenerci legati ad un fallimento che lentamente toglie forma alla nostra vita. Il fallimento non è riempimento ma è svuotamento, il fallimento può soffocare il nostro stile.

Perché non pensare al fallimento come ad una vite un po’ storta, non dobbiamo per forza impegnarci a raddrizzarla, anzi cerchiamo di amare la stortura, la stramberia,  dei nostri incontri e dei lori segni.

Se accettiamo il difetto di un segno, questo non può deformare il nostro disegno perché non passa spingendo ma passa sfiorando.

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Dimmi, ti ascolto, mentre tu cammini verso il tuo cambiamento... Psicologa, dopo un passato di atleta di livello mondiale, ho sentito che era giunto il momento di dedicare le mie energie, la mia passione, a chi vuole cambiare, a chi sente di voler superare l' "avversario" nascosto che oggi non gli consente di andare verso il suo traguardo.