Credo sia importante soffermarsi alcuni minuti per dedicare attenzione e gentili parole ai genitori che scelgono di seguire i loro figli nel judo. L’articolo non scende e non si avvicina a casi o situazioni particolari, si argomenta da un punto di vista generale per offrire ai più che leggono un’occasione di riflessione. Il caso a sé o più particolare richiederebbe un approccio isolato e, si comprenda, non è questa la sede per procedere in tale direzione.
Partirei dunque da un concetto importante che spesso sfugge e che si tende a non trattenere e conservare come prioritario. L’alleanza Maestro, judo, padre e madre del bambino e a volte nonni, è fondamentale per il lavoro che si andrà a svolgere. Se non c’è alleanza l’obiettivo formativo, educativo, ludico e serio del judo non può andare a buon fine.
Sono i genitori che vivono quotidianamente con i bambini e sono loro ad averli a cuore come nessun altro, pensiero questo che per un Maestro non è trascurabile da dimenticare o dare per scontato.
Se il Maestro aiuta i genitori a capire dove desidera arrivare e in che modo vuole stare accanto al loro bambino nessuno meglio di loro può essere complice nell’intento e ancor più essere l’aiuto prezioso necessario per tenere fede all’impegno preso.
Infatti dal momento in cui il bambino sale sul tatami per praticare judo e per tutto il tempo che vi rimane il Maestro ha un impegno ed una responsabilità importante che parte dal tutelare in primis la sicurezza e la salute fisica del bambino e prosegue poi con il garantire la gioia il divertimento e la serenità mentale; serenità che il bambino ha diritto di percepire e provare ed il genitore di constatare. Per il bambino dovrebbe essere un pò come entrare nel suo mondo sommerso dove c’è il forte condottiero, il Maestro, che guida lui e i suoi compagni con rigore e forza (gli altri bambini) alla ricerca dell’isola del tesoro.
Terminata l’avventura il bambino, scende dal tatami, lascia il dojo, torna a casa dal suo papà e dalla sua mamma con i quali mangia, gioca, dorme, cresce e vive la quotidianità, ed è qui che racconta la bella favola vissuta poco prima. Il bambino scende dal tatami corre incontro ai suoi genitori e torna a casa, la sua realtà. Qui ci sono le sue certezze le sue sicurezze i suoi “onnipotenti” super-eroi.
Nella testolina il bambino elegge mamma e papà come infallibili come suoi unici alleati protettori come rifugio certo; il Maestro e il judo sono qualcosa in più e di meraviglioso che il bambino può sperimentare oltre la sua realtà. Impegno del Maestro è però prima proteggere, rispettare e difendere il suo mondo famigliare a cui affiancare poi l’emozione del mondo sommerso.
Per il bambino sono mamma e papà, di quali lui torna, che tutto possono fare e tutto possono dar loro. Nessuno dovrebbe oscurare questa loro convinzione. Quando cresceranno non appena avranno strumenti cognitivi per farlo trasformeranno i super eroi padre e madre in umani con pregi e difetti da continuare ad amare ma umani! In autonomia capiranno che è il momento di fare quel passo in più da soli.
Questo è anche ciò che il judo si propone nel tempo di insegnare e cioè crescere sapendo affrontare in autonomia gli eventi e le esperienze della vita, sapendo decidere la via più efficace accogliendo e rispettando gli altri. Sarà il bambino che modificherà nel tempo il quadro della sua realtà grazie agli insegnamenti del judo che lui deciderà di trattenere.
Il Maestro rispetto i genitori dovrebbe partire dal ricordare che gli stessi stanno cercando di migliorare o di dare un valore aggiunto all’educazione del figlio. Per fare questo chiedono aiuto e collaborazione non distanza. Insieme si possono definire i ruoli senza arrivare all’esclusione, a tensioni o critiche che, non si trascuri, i bambini comunque avvertono assorbono provando “confusione”.
Il bambino piccolo, come in altre occasioni ho espresso, non è semplicemente un’anfora da riempire, è una persona, ragiona, elabora, costruisce smonta e ri – costruisce il suo pensiero con i suoi strumenti, non quelli di un adulto, vede diversamente le cose che accadono, ma osserva.
I genitori a volte possono non essere efficaci in alcuni loro comportamenti, tuttavia di fondo se lo fanno è perché hanno una ragione per farlo, il Maestro può dir loro: “cosa possiamo fare insieme per…” piuttosto che allontanare.
Qualunque percorso il Maestro desideri fare con il bambino ha bisogno della collaborazione e dell’appoggio dei genitori, non risulta efficace dire loro: “qui ci sono io…”. Il bambino è il loro figlio. Diverso è: ” il mio impegno è proteggere il tuo bambino, insegnare regole e principi del judo e farò questo nel miglior modo possibile, chiedo fiducia e il permesso di farlo come la disciplina richiede”. Prima di poter collaborare, di poter affidare il proprio bambino, i genitori hanno bisogno di capire di ascoltare di credere di fidarsi di essere parte di un progetto, e non di sentirsi di troppo o esclusi.
Il tempo è prezioso, non si possono bruciare le tappe; il tempo di una madre o di un padre può non corrispondere al tempo del Maestro, non si può chiedere loro qualcosa che ancora non “sentono”. I bambini sono il loro tesoro più prezioso e non è naturale pensare di lasciare “la mano” del proprio bambino. I genitori non sono tutti uguali e quello che un genitore può accettare con facilità un altro con altrettanta facilità può rifiutarlo. Prendersi alcuni minuti per dedicarli ai genitori può significare scoprire in loro compagni perfetti di percorso e non una difficoltà da superare*.
Il primo pensiero degli adulti, Maestro e genitori, deve andare a ciò che è bene per il bambino. Il pre concetto che circola – dato questo che ricavo dall’attività di formazione ai genitori – è quello di colpevolizzare il genitore perché troppo invadente, rigido, pretenzioso, intransigente, o, opposto, poco presente, superficiale o troppo accondiscendente. Accade meno spesso dalle testimonianze portate che si presenti la situazione in cui si decida insieme di praticare la via della comprensione, aiutando il genitore a capire cosa fa il Maestro, quali sono i suoi compiti, come si delineano i ruoli, cosa accade sul tatami, cosa il judo può dare ai loro bambini, quali caratteristiche ha la disciplina e, che tipo di relazione affronterà il bambino sul tatami con gli altri bambini e con il Maestro stesso. Utile ricordare che il genitore non conosce il lavoro dell’insegnante del judo, non è il suo mestiere, è un mondo nuovo per lui, più viene informato/formato più si fida più collabora e aiuta.
Il dojo, il judo, non è andare a scuola, è altro, è diverso, è un momento di crescita con caratteristiche differenti. I genitori sono obbligati a portare il loro bambino a scuola, non è così per il judo. Portare il bambino in palestra è una scelta libera, è desiderare qualcosa di più per il proprio figlio.
Il Maestro, la disciplina sono un nuovo riferimento per i genitori, è responsabilità corrispondere le loro aspettative. L’obiettivo del Maestro è quello di aiutare il genitore a vedere il collegamento, non la sostituzione, tra quello che loro fanno a casa e quello che si fa sul tatami, è aiutare il genitore a capire il collegamento tra le regole di casa e quelle del dojo. Il compito del judo è far crescere il bambino con valori in più, potenziare la percezione positiva di sé, sviluppare in loro autonomia, pianificazione, responsabilità, rispetto e volontà di fare.
Portare in primo piano relazioni come una corsa ad ostacoli contribuisce solo a creare impedimenti alla crescita del bambino e come figlio e come judoka. Semplicemente si tratta di uscire nella relazione dall’ottica causa effetto con definizione netta: o tutto nero o tutto bianco, c’è molto nel mezzo.
L’interesse del genitore non e poi così distante o opposto da quello del Maestro. Entrambi desiderano il meglio per il bambino ed entrambi sono lì per educarlo in serenità. Quando c’è un interesse comune la via dell’incontro si trova, l’affetto del Maestro può coesistere con l’affetto dei genitori, il progetto del Maestro può coesistere con il progetto dei genitori.
Tutto ha inizio dal dialogo dalla comprensione dalla definizione e rispetto dei reciproci ruoli, solo così quelli che possono sembrare ad entrambi fantasmi minacciosi diventano alleati preziosi.
Il bambino osserva imita impara dai genitori, porta con sé le loro storie e le porta anche sul tatami, il Maestro dunque quando si relaziona con il bambino, quando parla con lui, non può dimenticare che non parla solo al piccolo piuttosto in quel momento sta entrando nella sua intimità, nella sua “casa”, in quella meravigliosa testolina dove ci sono prima di tutto e tutti i suoi super eroi!
*Nei seminari di formazione che presiedo si affrontano e approfondiscono queste tematiche sperimentando con i genitori modalità di comunicazione efficaci e funzionali al contesto. Per qualsiasi informazione è possibile contattarmi al riferimento qui dato.