Ed eccola lei che entra decisa in studio e, quasi senza salutare i genitori , si toglie subito le scarpe e mi dice:
“Ciao Loredana sai ieri ero triste”.
“Ciao Stella (nome fantasia) mi dispiace non è tanto piacevole esser triste cosa è successo, puoi dirmelo?”.
“E certo che te lo dico se no mica ti avrei detto che ieri ero triste”.
A volte mi dimentico di quanto siano pronti e schietti i bimbi.
“Insomma io non capisco perché non posso giocare con il cellulare, lo fanno tutti e io no. Tu sai spiegarmi il perché?”
E, sembra facile, trovare la risposta più adeguata al momento, tuttavia così non è. Trovare una risposta che entri nel cuoricino della piccola placando la sua tristezza.
“Sai Stella, quasi divento triste anche io perché penso a noi grandi che usiamo tanto il cellulare. A volte nemmeno ci accorgiamo che non raccontiamo più le cose che ci accadono nella giornata alle persone che in quel momento sono con noi. Sono triste per questo perché mi piace parlare con chi ho accanto e invece mi metto a usare il cellulare e non lo faccio”.
“Ma io non voglio smettere di parlare con mamma e papà voglio giocare con il cellulare, non parlo con loro perché non me lo fanno usare, loro lo usano sempre, perché io no?”.
Quando si dice che i figli ci osservano e i figli cercano le loro risposte proprio in noi adulti e in quello che noi facciamo.
Per Stella è ancora difficile comprendere come mai lei no e mamma e papà si. Durante il nostro incontro lei trova la sua risposta.
“Adesso sono meno triste quando vedo mamma e papà dico che il cellulare lo voglio usare però possiamo fare così: per un po’ di tempo gioco con il cellulare e per un po’ sto con loro”.
Certo questa frase mi “racconta” ancora tanto di Stella, in quel momento però quello che desideravo per lei era toglierle il peso della tristezza e, insieme, in quel momento un po’ ci sono riuscite.
Nel tempo ancora tanto mi dirà e altre risposte troveremo.
Sono grata per queste esperienze