Fa ingresso nel dojo la piccola judoka con ricci lunghi e occhi furbetti. La mamma la accompagna velocemente in palestra lascia che indossi sola il judogi negli spogliatoi la saluta con un bacio fugace: “ciao principessa non fare la peste come sempre” …e di fretta va via, ahimè il tempo non è dalla sua parte. Una routine che si ripete ad ogni lezione.
La piccola ricciolina non appena sale sul tatami sembra trasformarsi in una lupacchiotta pronta a fare dispetti a tutti, indifferente a qualunque regola. Uniche parole che pronuncia: “no, non lo faccio!” 

Sembra un cucciolo che trova modo di mordicchiare gli altri cuccioli, di abbaiare e tirare la coda ad altri lupacchiotti judoka.
I bambini sono tanti e per quanto siano nell’innocente età del “tutto è bello”, non riescono a non lamentarsi e a mostrare rifiuto verso lei.
Ad ogni lezione c’e chi si difende approfittando dei momenti di contatto propri del judo, chi corre da me Maestra piangendo, chi cerca alleati per attaccarla. 

Sembra quasi di essere in un parco giochi dove più bimbi si contendono uno stesso gioco e non in un dojo. Come intervenire?
Primo passo, ho preso tempo. Per giorni pur faticando ad accettare il “brusio” sul tatami ho osservato ho ascoltato pensando quale strategia di relazione potesse essere efficace e funzionale alla bambina al gruppo a me Maestra e al ripristino del principio educativo del judo.
I bambini da sè, più pratici, con meno filtri razionali mettono in atto una difesa/attacco, ogni volta che la piccola judoka sale sul tatami: “ciao pestifera!”
Non è questa la strada percorribile perché nulla ha di educativo, tuttavia per loro sortisce un leggero effetto “sedativo”. 

La lupacchiotta si vede, fa finta di nulla, ma accusa, soffre e, per evitare l’isolamento (a quale bambino piacerebbe rimanere solo!) diminuisce gli attacchi oppositivi. 
Resisto una o due lezioni lasciando che il problema rimanga dei e tra i piccoli; nel frattempo decido di “diventare” quella piccola ricciolina e vivo tra me e me il suo film. 
Mi vedo piccola dal momento in cui faccio ingresso con la mamma in palestra a quando salgo sul tatami. Il film si blocca in particolare su una scena perchè tocca la “pancia”: 
“mi vesto da sola, guardo quel bimbo il papà lo veste, poi c è una bambina con la mamma che la aiuta, un bacino e via, e perchè io no? sono arrabbiata adesso vi faccio vedere io!…”

Già, ho pensato, forse posso tentare di modificare questa scena, forse posso cambiare quel momento di rabbia… Forse la piccola lupacchiotta vuole sentirsi come tutti gli altri, accudita. 
Lezione, fermo la mamma e le chiedo gentilmente (senza dare spiegazioni per non invadere l’intimità famigliare) di arrivare per qualche lezione successiva qualche minuto prima per poter cambiare la piccola. 
Le suggerisco anche come aiuto per me di salutare la bambina mentre la bacia chiamandola per nome cosi da consentirmi di ricordarlo. Le lezioni proseguono la mamma con gioia collabora il tempo passa.

La scelta si è rivelata efficace. La piccola judoka sale sul tatami sorride corre si mette in fila per il saluto è serena, collabora.
La mamma da quel giorno: “Ciao R., mia principessa a dopo!”.
Il judo, il dojo, il principio primo di flessibilità della disciplina ancora una volta mi ha guidata verso la via del rispetto, in questo caso rispetto verso il “no” della piccola.
Sospendere il giudizio e attivare empatia questa la soluzione. 
I bambini chiedono comunicano come sanno e possono … ed io ho semplicemente ascoltato la sua rabbia. 

Dr.ssa Loredana Borgogno 

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Dimmi, ti ascolto, mentre tu cammini verso il tuo cambiamento... Psicologa, dopo un passato di atleta di livello mondiale, ho sentito che era giunto il momento di dedicare le mie energie, la mia passione, a chi vuole cambiare, a chi sente di voler superare l' "avversario" nascosto che oggi non gli consente di andare verso il suo traguardo.

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