I genitori, per rispondere ai molteplici e veloci cambiamenti sociali e culturali del nostro tempo, cercano risorse esterne che sostengano, migliorino o completino l’educazione la crescita e la sicurezza dei propri figli.
È la famiglia che per prima sceglie chi, cosa e in che modo può partecipare allo sviluppo educativo dei figli, e, nel panorama delle vaste possibilità educative, riconosce proprio nell’attività sportiva uno dei mezzi più efficaci per la formazione globale della personalità dei figli. Avere oggi la consapevolezza e la conoscenza del proprio corpo, apprezzandone forze e limiti, ha pari dignità dell’importanza degli obiettivi culturali dei ragazzi.
Altrettanto utile è per i genitori avvicinarsi e conoscere lo sport in tutte le sue dimensioni, perché questo permette loro di non innescare disequilibri tra quanto il proprio figlio può fare, sceglie di fare, sa fare e le tante aspettative che essi stessi investono sul figlio stesso, cosa mi aspetto che faccia, io voglio che, lui farà.
Lo sport dunque si offre di partecipare non solo nel ruolo educativo formativo del bambino, adolescente, ma anche di caratterizzare la gestione del rapporto con i genitori. Non è da scartare poi, laddove i figli scelgano la via dell’agonismo, avvalersi del supporto e dialogo con professionisti specifici, quale lo Psicologo dello sport o Esperto in Psicologia dello Sport, necessario per apportare maggiore sensibilità psicologica.
È attraverso questa sensibilità che è possibile trovare risposte ai propri quesiti o dubbi su come contribuire a crescere in modo sano e consapevole i ragazzi senza togliere nel contempo agli stessi il piacere del divertimento pur trovandosi a vivere sane “competizioni” nello sport.
La psicologia dello sport è una disciplina recente, giovane, che va ad integrare diversi aspetti, quali la medicina, psichiatria, l’educazione fisica; pertanto è un argomento multidisciplinare che è rivolta a generare benessere più prestazione.
La psicologia dello sport si arricchisce dello sviluppo delle neuroscienze – scienze del sistema nervoso -, approfondisce aspetti come la relazione mente- corpo, percezione, motivazione, personalità, gruppo, resilienze, life skills.
Lo psicologo dello sport si muove in ambito sportivo soprattutto non per fare terapia bensì per intervenire sul qui ed ora, sul presente. Si pone al centro di un sistema di relazioni, famiglia, scuola, società sportive, che hanno dinamiche diverse e che al tempo stesso condividono un eguale obiettivo che è quello del benessere psico fisico del ragazzo.
Lo psicologo dello sport avvalendosi di una teoria, metodi, tecniche e modelli specifici, lavora con società sportive, tecnici, genitori, ragazzi e atleti professionisti per fare formazione al fine di armonizzare le aspettative, di definire le motivazioni, chiarire i ruoli per prevenire o limitare i conflitti, intervenire sui genitori, e ottenere non un mantenimento ma un miglioramento continuo dell’atleta singolo o del gruppo.
Lo psicologo dello sport lascia da parte qualsiasi psicologismo, se comunica un problema all’atleta, dell’atleta dell’allenatore o del genitore questa sua comunicazione deve avere con sé la soluzione e il linguaggio con cui si comunica deve essere comprensibile per ogni età e cultura.
L’Analisi transazionale (AT), teoria psicologica ideata da Eric Berne negli anni ’50, offre da subito strumenti di rapido utilizzo e, quello che si apprende, diviene parte integrante del nostro rapporto con gli altri, l’osservare per comprendere. Possiamo utilizzare l’AT come schema mentale con il quale leggere le dinamiche e i comportamenti delle persone.
L’AT è una teoria che appare semplice, di facile comprensione ma che altresì presenta aspetti complessi, risentendo dell’influenza di psicologia cognitiva comportamentale, psicodinamica e umanistica esistenziale.
Nella cultura di interpretare l’individuo con i suoi problemi, l’AT ha cercato di assorbire tre grandi rivoluzioni. La prima che riconosce la natura del problema riferito al fisico, la seconda che scopre che non c’è solo quello che vediamo dell’individuo ma c’è molto di non visibile e, la terza, che è stato riferirsi sì al fisico, sì all’inconscio, ma senza tralasciare l’ambiente, il contesto in cui l’atleta si muove.
L’AT ci parla di Stati dell’IO, di copione di vita, di filosofia OKness, di decisionalità di responsabilità; propone l’autonomia, intesa un po’ come sviluppare la consapevolezza dei meccanismi introiettati nell’infanzia che possono diventare limitanti nel momento in cui ci condizionano nelle relazioni o nell’attività.
Espone concetti quali consapevolezza, intimità, spontaneità che, se trasmessi dalla figura primaria all’inizio dello sviluppo del bambino, rendono libero l’individuo di crescere e di esistere.