Un primo obiettivo che mi impongo nell’affrontare questo argomento è quello di non cedere all’utilizzo di tecniche interpretative psicologiche ma, per quanto più possibile, lasciare che sia l’“umano” ad emergere e dirigere il mio pensiero. Mi sosterrà in questo intento la fortuna di essere allenatore e atleta che ancora ha avuto modo di presenziare in competizioni internazionali.
Il punto da cui partirei: chi è l’atleta?
L’atleta prima di ogni cosa è una persona! È un ragazzo, adolescente o adulto, l’età non ha importanza, che studia o lavora, ha la sua famiglia, ha i suoi hobbies, ha pregi e difetti, è uno di noi tra noi con noi è: umano!
L’atleta non è il “campione”. Il più grande errore che si possa fare come allenatori o altro, è considerare atleta solo chi vince spesso, sempre o tutto. Così come è un errore come atleta pensare di essere arrivato solo dopo aver conquistato un successo. L’essere umano può apprendere e migliorarsi sempre!
L’atleta è colui che ha un impegno non rimandabile: l’allenamento quotidiano. L’atleta è colui che dedica all’allenamento non meno di tre ore al giorno, a cui si aggiungono terapie, alimentazione controllata, ritiri, viaggi in Italia o all’estero per competizioni, distanze forzate dai famigliari e amici. L’atleta è colui che non manca mai ad un allenamento e la cui presenza per l’allenatore è una certezza.
Per l’atleta lo sport è sì un divertimento ma spesso è anche un lavoro e non di rado più impegnativo in termini di tempo e sacrifici di altre attività professionali. L’atleta è colui che sceglie di dedicare tempo della sua vita allo sport, è colui che si allena con passione volontà dedizione razionalità sacrifici, l’atleta è colui che attraverso lo sport esprime e dà il meglio di sé, l’atleta è colui che si affida a se stesso, al tecnico, all’allenatore per raggiungere il SUO obiettivo (non quello di chi gli è accanto).
L’atleta è un campione?
L’atleta è Campione, perché è colui che ricerca il suo miglioramento e lo raggiunge, è colui che punta a migliorare le sua prestazione e ci riesce, è colui che insegue la sua crescita personale, tecnica e umana, è colui che riesce ad essere costante, possano poi tutte queste cose concretizzarsi o meno in un titolo poca importanza ha per lui, lui sa che si va avanti comunque.
Certo, quale atleta non vorrebbe vincere un titolo europeo, mondiale e olimpico, tuttavia non è e non può essere solo questo l’alimento che nutre e fa crescere l’atleta, non ci si nutre con un solo cibo, tanti ne occorrono per crescere sani e … poi forti.
L’atleta non riduce tutto a questo, si programma per questo, tanti si aspettano qualcosa da lui, lui si aspetta da sé, ma lui sa che non è solo questo, è di più. L’atleta sa che è necessario fermarsi un attimo, incontrarsi nel dialogo, si crea lo spazio giusto per parlare con le proprie insicurezze, cadute di autostima, cali di prestazioni, over-training, infortuni, abbandoni, gioie, tristezze, conosce il silenzio interiore.
L’atleta sa chiedere aiuto, non aspetta di essere già in crisi o nelle peggiore delle ipotesi di allontanarsi o di infortunarsi. Come in tutte le cose sa che la prevenzione è l’arma migliore!
L’atleta sa che il suo risultato giunge senza intoppi di rilevanza, se è attento alla sua preparazione mentale, al suo dialogo interiore. La differenza della resa tra gli atleti la fa proprio la diversa mentalità, la forza emotiva, la motivazione e la capacità di gestire le situazioni al meglio. Senza un’adeguata preparazione mentale difficile è migliorarsi, difficile è vincere, e, soprattutto difficile è andare dritti verso il proprio obiettivo.
Non si può più evitare di allenare la mente. Corpo e mente sono una sola dimensione! Essere attenti alla propria vita mentale per l’atleta è fatica, è forte coinvolgimento, ma anche molto entusiasmante e soprattutto produttivo; l’atleta arriva al pieno controllo, alla serenità e all’obiettività, che tanto gli fa bene!
L’atleta rispetta l’allenatore, il preparatore, il fisioterapista, l’Esperto in psicologia dello sport ma richiede anche rispetto, sensibilità e attenzione alla sua serenità mentale, qualsiasi sia la sua età. L’atleta si impegna e chiede impegno.
Riprendo qui l’affermazione fatta precedentemente: l’atleta è un ragazzo è un adolescente è un adulto, non c’è età che ne differenzi la qualità! Tutti coloro che si impegnano quotidianamente ore ed ore nello sport, tutti quelli che danno allo sport lo sono, qualsiasi sia la loro età.
Il giovane atleta rappresenta il futuro perché dà continuità, data la sua giovane età, e, l’adulto con la sua perseveranza passione e volontà è la forza trainante, l’esempio di impegno da cui il giovane attinge, è colui che mantiene presente il ricordo del successo di chi ci ha preceduto!
L’atleta è colui che sa che può arrivare la crisi e che, questa può presentarsi a qualsiasi età, in qualsiasi situazione. Primo obiettivo prendersi cura della “salute” emotiva, dell’essere umano, secondo obiettivo contenere al massimo i danni specifici, quali ad esempio lo stop totale degli allenamenti, delle competizioni, assenze a scadenze importanti, o recuperi funzionali. L’atleta è responsabile.
L’atleta sceglie l’allenatore, lo investe del ruolo di amico, confidente, secondo genitore, e sente l’obbligo di dare a lui, di portare risultati, di dimostrare il meglio, l’atleta non è senza pensieri, non è solo atleta. L’atleta conosce il confine interiore, sa quando può essere atleta, quando può essere persona, quando può essere adulto, quando può essere bambino. Non dimentica chi è oggi ma non dimentica chi è stato fino a ieri.
L’atleta è colui che nel suo percorso almeno una volta – forse anche più di una – si è trovato nella condizione e necessità di gestire situazioni particolarmente intense e difficili emotivamente, come sottoporsi ad allenamenti o preparazioni dopo un infortunio, dopo eventi personali importanti, dopo una malattia, un problema di famiglia, di lavoro, dopo delusioni, sconfitte inaspettate, e ha saputo chiedere aiuto.
L’atleta è colui che indossa occhiali potenti, vede, sente, arriva in tempo. Si ferma, parla, ascolta, reagisce e riparte al meglio. L’atleta non nasconde il timore di elaborare, di “sentire” quanto è successo, … non teme di chiedersi: “cosa succede? cosa accade?”.
L’atleta non si isola, nessuno ama star solo nel dolore o nelle tristezza o rabbia, l’umano non è fatto per stare da solo. Abbiamo modi diversi di reagire alle situazioni difficili è vero, tuttavia nessuno è dispensato in quanto umano dal sentirle. Non si può credere senza verificare prima verificare un “è tutto a posto, è ok!”. Non è veritiero per alcuno, siamo umani!
L’atleta sa che chi cammina accanto a lui non solo come tecnico ma anche come umano, trova la strada per esserci nel momento in cui lui ha bisogno, e sa che troverà il modo di farlo nel luogo nello spazio più adatto. Capirà qual è la porta da aprire, perchè nel tempo ha ben mostrato la strada giusta da percorrere per arrivare a lui!
L’atleta sa che ha bisogno di esser fermato, di esser “accarezzato” (non compatito), ha bisogno di esser ascoltato, accolto. Altre volte sa che ha bisogno di essere strizzato, spinto a ripartire anche con “voce grossa”.
L’atleta sa che c’è quel momento in cui, come per Stallone, protagoniste del suo “rinascere” possono essere piccole frasi dette dal coach: “io lo so come ci sente quando capitano cose del genere ..anch’io sono stato giovane ….il fatto che tu ora sei qui …..per vederti far bene .. e non ti abbandonerò mai …il giorno che ti lascerò non saprai solo combattere ma anche prenderti cura di te fuori dal ring…” o parole di una madre insegnante: “è quello che esprimi che conta non quello che fai…” (cit.): parole che toccano le corde giuste pur rispettando i tempi del “no” dell’atleti.
L’allenatore vicino ad un atleta in crisi abbandona l’obiettivo di migliorare la tecnica o tattiche, e attiva l’ascolto, indossa la veste di osservatore, coglie il silenzio dell’atleta, lavora perché la stanchezza mentale non si aggiunga alla stanchezza fisica, alleggerisce pressioni, lavora sulla risorsa che l’atleta mostra, sul suo sogno, sul suo obiettivo.
Allena l’atleta e lo prepara alle vittorie al successo ed anche alle sconfitte alle ingiustizie alle insicurezze! Se è il caso indossa la tuta e corre accanto a lui, se è il caso si toglie la veste di allenatore e lo porta a bere un caffè , pensa con la sua mente con il suo cuore. Non si spoglia dal ruolo di maestro, semplicemente cambia … colore al vestito ogni tanto. L’atleta è colui che cerca e vuole anche questo.
Nel corso di una stagione il fisico non renderà sempre allo stesso modo, avrà oscillazioni in termini di resistenza alla fatica, brillantezza muscolare, recupero e così via, l’atleta sente questo, nella testa delinea la qualità della resa per il futuro, non ha vergogna del momento no.
Se l’atleta per un certo periodo di tempo non cerca risultati, non rimane attento al suo corpo, non teme il non è un buon momento; il focus mentale, l’attenzione si sposta alla volontà di realizzare la prestazione quando sa che potrà farlo perchè nel pieno delle energie e al meglio della condizione fisica. L’atleta non pensa “non è possibile” pensa “al più presto lo farò”.
L’atleta non dimentica ed ha ben chiari i suoi obiettivi, quelli della sua squadra, le motivazioni che lo supportano, perchè sono queste luci accese che gli consentono di stare sulla “corda” e avere voglia di allenarsi sempre con passione, impegno e fiducia per raggiungere il proprio successo.
L’atleta è una persona a cui volere bene, perchè con i suoi sacrifici regala gioie a tanti, perchè con i suoi dolori, sacrifici, aiuta tanti, perchè con la sua vittoria fa vincere tanti altri.
Chi è l’atleta? L’‘atleta è colui, che sa che non si può partire, se, non si sa dove si vuole arrivare! L’atleta è tutti noi!
scritto per: JITA KYO EI