… “a cosa servono le mamme … mio figlio il più delle volte non mi ascolta, mio marito spesso rientra stanco e la prima ora non esiste, ho la casa da pulire, il bambino da portare al catechismo poi in palestra …la cena da preparare, a cosa servono le mamme secondo lei mi dica dottoressa?”
Una delle domande più curiose che mi siano mai state fatte in una giornata di formazione che ho avuto il piacere di condurre con genitori di bambini che praticano sport. Per un attimo ho visto passare tutta la mia vita, non come si dice negli occhi, bensì nel cuore; con amorevole complicità ho risposto alla mamma con una altra domanda: “mi dica, esiste al mondo una persona che è in grado di farle fare qualsiasi cosa? Di trascinarla in ogni luogo? Di tirare fuori il meglio o il peggio di lei?”
Emozionata la mamma risponde: “si, mio figlio”, ecco dunque cosa posso risponderle: “le mamme servono a questo, a portare vita, a portare amore, a portare presenza, a portare assenza, a portare decisone, a portare spazio, a togliere spazio, a lasciare andare, a trattenere, a soffocare, ad abbracciare, a sgridare, a trascurare, a restare, a partire, ad amare incondizionatamente per sempre…”
Non è questa la sede (tantomeno mio desiderio) per argomentare sulle varie teorie che spiegano il legame madre figli, è sufficiente ricordare che il primo incontro nella natura è quello tra madre e figlio, il primo profumo che il bambino respira è quello della mamma, il primo fascino a cui non può resistere il bambino è quello della mamma, il cordone che lega madre e figlio ancora prima della sua venuta al mondo è quello ombelicale.
Perché non mi ascolta? Perché l’amore tra madre e figlio non può essere vero se non porta anche rottura. Il figlio non dimentica l’amore della mamma ma al tempo stesso sa che è l’amore che gli provoca conflitto; sa che deve agire da solo perché sta crescendo perché vuole la sua autonomia, ma sa anche che non vorrebbe andare, crescere, perché staccarsi dalla sua “sicurezza” spaventa.
Più gli chiediamo di non fare una cosa è più, nell’istinto di ribellione la farà, il bambino desidera dimostrarvi il suo amore e chiede fiducia. Pensiamo a quando diciamo: “smettila adesso sistema i giocattoli è ora di andare a mangiare” …
La prima reazione solitamente è che lui continua a fare esattamente quello che non è da fare, la prima reazione è far quello che a voi non piace. Cerchiamo insieme di comprendere: se vi dicessi di non pensare ad un bambino che guida una macchina … già, sono certa che la prima cosa che è successa, è stata pensare proprio a quello che vi ho chiesto di non pensare, ecco dunque questo è quello che succede al bambino.
Se gli diciamo non fare una cosa è molto probabile che lui vada proprio in quella direzione, facendo quello che non vogliamo, non lo fa con l’intento di opporsi, inconsciamente è per lui una richiesta di fiducia come se dicesse “mamma io so quando è ora di posare i giocattoli”.
Possiamo aiutarlo a mettere in atto il comportamento desiderato dando a lui la fiducia che chiede: “tesoro quando hai finito, poggia bene tutto come sai fare tu, non lasciare nulla in giro, io ti aspetto per mangiare”.
Non facciamo altro che spostare la sua attenzione su quello che sa fare e non su quello che “non fa”, il bambino si sente gratificato, sente che avete fiducia in lui.
Non dimentichiamoci di accarezzare il suo impegno, di esser attenti a quello che fa di bello, contestualizzando e il suo impegno a prescindere dalla riuscita, dicendo ad esempio: “grazie per avermi aiutato, sai mentre tu hai riposto i giocattoli io ho preparato la cena…, bravo hai sistemato proprio bene…”
Per un bambino il parere dei genitori, ma soprattutto quello della madre è molto importante, frasi positive rimandano portano a lui una immagine buona di sé. Non sempre quello che vediamo è quello che è realmente.
“I figli sono come gli aquiloni
passi la vita a cercare di farli alzare da terra.
Corri e corri con loro
fino a restare tutti e due senza fiato…
Come gli aquiloni, essi finiscono a terra…
e tu rappezzi e conforti, aggiusti e insegni.
Li vedi sollevarsi nel vento e li rassicuri
che presto impareranno a volare.
Infine sono in aria:
gli ci vuole più spago e tu seguiti a darne.
E a ogni metro di corda
che sfugge dalla tua mano
il cuore ti si riempie di gioia
e di tristezza insieme.
Giorno dopo giorno
l’aquilone si allontana sempre più
e tu senti che non passerà molto tempo
prima che quella bella creatura
spezzi il filo che vi unisce e si innalzi,
come è giusto che sia, libera e sola.
Allora soltanto saprai di avere
assolto il tuo compito”
(Erman Bombeck)
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