Mi piace definire il trauma con un’immagine: un vaso cade a terra non si rompe, si crepa. Il trauma è la crepa. Può essere riparata subito prima che si allarghi o può esser lasciata lì sperando che il vaso non prenda altri colpi.

Matteo (nome di fantasia) è un bambino di 6 anni allegro solare, tutti i giorni il nonno al mattino lo accompagna a scuola e tutti i pomeriggi la sua mamma lo va a prendere. Per Matteo questa non è semplicemente quotidianità come forse pensiamo noi adulti.
Per lui è vivere tante emozioni come eccitazione per il nonno che lo accompagna, gioia perchè incontra altri bimbi, felicità perchè torna poi dalla mamma.

Accade un giorno che la mamma per maggiore traffico arriva un pò in ritardo. Matteo aspetta tranquillo sa che la mamma arriverà, tuttavia nel suo “pancino” qualcosa accade.
I bambini a questa età non hanno ancora appreso il senso reale del tempo. Per loro anche solo 10 minuti possono sembrare un’infinità. 
Matteo percepisce un’emozione sgradevole, una piccola “crepa” che nel suo pancino dice: “mamma non è venuta a prendermi sono qui solo”.


Passano i giorni, Matteo gioca con fogli e matite colorate sembra pasticci poi fa un disegno e lo da alla mamma: ” mamma te lo regalo”.
La mamma chiede: “cosa hai disegnato Matteo?”
Matteo: “allora questi sono i miei amici stiamo giocando a pallone nel giardino io sono questo poi c’e la scuola e questo è il cancello quando è aperto torniamo a casa. Qui ci sono papà e mamme che aspettano […]”
“Quale sono io?” chiede la mamma.
Matteo: “ma mamma tu non ci sei perchè la tua macchina va piano poi dopo arrivi […]”.
Matteo è un bambino sereno e questo gli ha consentito di costruirsi nel pancino una giustificazione che rende accettabile l’assenza della mamma. 
Lui si dice che la macchina va lenta così la sensazione di esser stato lasciato solo non lo investe, attiva da sè una difesa che riduce il trauma dell’abbandono, perché questo è quello che umanamente si prova a questa età.
Non tutti i bambini però sono come Matteo e non tutti dunque riescono a darsi una spiegazione che li protegga da un maggiore impatto e forza del trauma. 
Anche Matteo, nonostante la strategia di difesa adottata, conserva accentuata l’emozione sgradevole che ha provato e che rende importante il ricordo della mamma che non era lì ad attenderlo.
L’emozione è intensa a tal punto da mettere in ombra in quel momento il pensiero delle volte in cui la mamma era fuori ad attenderlo.
Possiamo aiutare i bambini a saldare subito la crepa, come? Ad esempio facendo loro narrare nel momento stesso l’esperienza vissuta e facendo loro domande fino a che esce fuori tutto, facciamo un pò l’archeologo della situazione. 
Uniamo poi un’efficace comunicazione, parole semplici parole utili a loro perché riescano a ri-significare l’evento.
La fretta, la tensione della giornata, la preoccupazione del ritardo, a volte ci distraggono e non consentono l’intervento tempestivo. Importante è riuscire invece a contestualizzare subito e a fondo perchè non si radichi nel bambino il ricordo mamma “mi lascia sempre solo”.

Siamo noi adulti i soli che possiamo “saldare” la crepa poichè i bambini non hanno ancora l’autonomia e l’esperienza per farlo e soprattutto perchè noi rappresentiamo la sicurezza, la fiducia, il nido sicuro e certo per loro.
Più ripariamo le loro piccole crepe più queste si saldano più contribuiamo a formare un adulto sicuro di sè , proattivo, creativo e reattivo.

Ho conosciuto la mamma di Matteo in occasione di un seminario di psicologia della comunicazione all’interno del quale ho trattato il trauma infantile e come è possibile comunicare affinchè lo stesso sia oscurato.

Dr.ssa Loredana Borgogno

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Dimmi, ti ascolto, mentre tu cammini verso il tuo cambiamento... Psicologa, dopo un passato di atleta di livello mondiale, ho sentito che era giunto il momento di dedicare le mie energie, la mia passione, a chi vuole cambiare, a chi sente di voler superare l' "avversario" nascosto che oggi non gli consente di andare verso il suo traguardo.