Oggi vorrei partire da qui.
Tipica situazione: la mamma che stira e, mentre stira cucina e magari mentre cucina pensa alle cose che deve preparare per il giorno dopo.
Nel mentre si avvicina il figlioletto e inizia a raccontare quello che gli è capitato a scuola, poi dice: “Così adesso sono stanco e i compiti li faccio dopo mamma”.

La mamma super presa: ” Sei stanco figurati, pensa alla mamma quante volte non ha voglia, è stanca, eppure…vai a finire i compiti”.
Frazione di secondo e il bambino tra sé e sé, costruisce il suo pensiero, nella sua mente tutto si traduce: mamma tu non mi ascolti!
Questo è il suo sentire e, se un bambino sente buono attiva un comportamento buono, se sente qualcosa di contrastante attiva un comportamento opposto alla richiesta.

 

Il punto è che dire ad un bambino: “Come fai a essere stanco tu .. sei stanco ma dai hai giocato fino ad ora ...”
oppure nel caso di rabbia: “Non è il caso che ti arrabbi così con il tuo compagno…” equivale a dirgli “Non accolgo le tue emozioni non le riconosco”.
Il bambino si sente incompreso, non trova corrispondenza tra il suo sentire e quello che per lui è vero, poiché l’adulto nega l intensità o il tipo di emozione espressa dal piccolo. Il bambino, non si dimentichi, impara a conoscersi anche attraverso il messaggio dell’adulto.

Quanti bambini almeno una volta hanno detto: “Mamma questo programma a me non piace gira canale, non mi interessa uffa” e, quale genitore almeno una volta non ha risposto: “Invece è molto interessante dovresti guardarlo così impari cose che…” o ancora: “Mamma il mio compagno mi ha fatto arrabbiare” e, “…Figurati dai, cerca di capire, voleva solo giocare con te, non l’ avrà fatto apposta”.

Risultato: si mette in discussione, non solo quello che lui dice, ancora più si trasmette: “Non ti fidare di quello che senti perché non è vero, non è cosi”. Si interferisce negativamente sulla fiducia che il bambino investe su se stesso.
Trasferiamo: un adulto al lavoro. Confidenza con il collega: “Sai sono molto stanco non vedo l’ora di andarmene in ferie” e, lui risponde: “Ma dai su, mancano pochi giorni alle ferie” o, più tipica ancora: “Cavoli sono così arrabbiato non mi ha dato l’aumento”, collega: ” Ma che ti arrabbi a fare lo sai che è cosi”.

Come ci si sente? L’altro non ascolta il nostro: “Io adesso mi sento così”. Magari ci risponde anche con giustificazioni, paragoni, discorsi filosofici. Tutto tranne che ascoltare lo stato d’animo del momento.
Ascoltare non è: “Poverino, mi dispiace…”. Non si cerca questo, si desidera solo esser ascoltati. Tutto si vorrebbe, tranne che qualcuno tolga spessore al proprio sentire, magari, addirittura cambiando discorso. 

Così è il bambino, non se ne fa nulla di spiegazioni razionali, distaccate o di paragoni senza un significato per lui comprensibile.
Proviamo a dedicare attenzione, è sufficiente un “Si, capisco … comprendo chissà quanto … humm vero immagino … perbacco deve averti fatto davvero ….se…”.
Espressioni semplici che però rafforzano la relazione con il bambino e al tempo stesso prevengono un comportamento non efficace e non propositivo.

Espressioni che favoriscono la riflessione e consolidano la fiducia su di sé. Quando un bambino non ha parole altre per esprimere la sua emozione aiutiamolo a trovare termini appropriati al suo sentire, non confondiamolo rispetto al suo sentire, piuttosto trasmettiamo conforto e partecipazione (empatia), lui risponderà con alleanza.
Quando sarà più grande avrà parole esatte e potrà nominare e regolare in autonomia le sue emozioni.

Non diamo consigli che piacciono a noi, non sistemiamo noi le cose per lui come noi le vorremmo: “Se sei stanco fai così che…oppure …sei stanco finisci e poi riposi ..” . Diamo un nome a quello che sente lui e che lui non può ancora esprimere, diamo lui la possibilità di trovare la soluzione. Un esempio:

Mamma i compiti li faccio più tardi non ce la faccio adesso..“.
Si capisco devi aver fatto molte cose impegnative oggi“.
Bè sì mamma“.
Deve esser molto faticoso fare i compiti adesso, meglio si, se li finisci sul tardi, capisco”.
E si sono stanco“.
Capisco effettivamente dopo sarà quasi sera e, riposato potrai fare i compiti anche fino a tardi“.
Si, però sai mamma, forse un po’ di compiti riesco a farli, provo...”.

Un esempio di scambio non negando emozioni, accogliendo, facendo riflettere (sarà tardi) che porta il bimbo a trovare una soluzione, un compromesso. Non saranno immediati questi risultati, tuttavia alleniamoci per arrivarci. Questa modalità vi sarà di grande aiuto, aumenterà consapevolezza, responsabilità, e il vostro bambino vi stupirà!
Buon lavoro!
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Dimmi, ti ascolto, mentre tu cammini verso il tuo cambiamento... Psicologa, dopo un passato di atleta di livello mondiale, ho sentito che era giunto il momento di dedicare le mie energie, la mia passione, a chi vuole cambiare, a chi sente di voler superare l' "avversario" nascosto che oggi non gli consente di andare verso il suo traguardo.